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Il Bitest: il primo esame per la salute del feto

bitest
Che cos’è il bitest

Il test combinato – chiamato anche Bi-Test o Duo-Test – è un esame non invasivo che fornisce una stima del rischio che il feto sia affetto da alcune condizioni presenti prima della nascita.

Si esegue nel primo trimestre di gravidanza e consente di stimare il rischio che il feto presenti un’anomalia cromosomica come la sindrome di Down (trisomia 21), la sindrome di Edwards (trisomia 18) o la sindrome di Patau (trisomia 13).
Parliamo di tre condizioni che possono influire in maniera importante sulla qualità e sull’aspettativa di vita del nascituro che, nelle trisomie 13 e 18 in particolare, non arriva ai 12 mesi.

Un esame probabilistico

Ogni esame finalizzato ad accertare il rischio o la presenza di anomalie prima della nascita deve includere, come primo passo, una corretta informazione alla coppia che consenta di fare libere scelte, compresa quella di non eseguire alcun test prenatale.
Per il Bi-Test è importante che i genitori siano consapevoli che la risposta dell’esame non equivale alla certezza della presenza di una malattia cromosomica ma esprime solo la probabilità che essa possa essere presente.

bitest
Preservare la salute di mamma e feto

Il rischio che si verifichino anomalie cromosomiche – come la sindrome di Down – aumenta con l’età materna e cresce significativamente dopo i 35 anni.

Giusto per dare un’idea, la probabilità di concepire un figlio affetto dalla sindrome di Down:

  • per una donna di 20 anni è di circa 1 su 1100,
  • a 30 anni il rischio cresce fino a 1 su 650,
  • mentre il rischio a 40 anni è di 1 su 70

Eseguire il Bi-test consente di individuare, già dalla 11° settimana di gravidanza, i feti a rischio di anomalie cromosomiche con una stima più accurata rispetto a quella che si può ottenere prendendo in considerazione la sola età materna.


Nel caso in cui il test indichi un alto rischio, la conferma di un’eventuale anomalia si ottiene mediante indagini più approfondite come la villocentesi o l’amniocentesi.

Queste purtroppo sono procedure invasive, che comportano un rischio aggiuntivo di aborto, mentre il test combinato può essere utilizzato senza alcuna complicazione, né per il feto né per la madre, da tutte le donne in gravidanza a prescindere dalla loro età.

Bi-Test: due test in uno

L’esame consiste in:

  • un prelievo del sangue della mamma per dosare due sostanze specifiche della gravidanza
  • un esame ecografico per misurare lo spessore di uno spazio compreso tra la cute e la colonna vertebrale dietro la nuca del feto – la celebre translucenza nucale

Combinando l’età materna con i risultati degli esami del sangue e dell’ecografia, attraverso degli algoritmi predefiniti, è possibile stimare il rischio che il feto sia affetto da sindrome di Down, trisomia 18 o trisomia 13.

Cosa si va ad analizzare?

Come detto, l’esame prevede un prelievo di sangue materno e un contestuale esame ecografico che non richiedono, per la loro esecuzione, alcuna preparazione particolare.

Il campione di sangue prelevato da una vena del braccio della donna è inviato a un laboratorio di analisi per dosare due sostanze specifiche della gravidanza, la beta-gonadotropina corionica umana (β-HCG) e la proteina plasmatica A associata alla gravidanza (PAPP-A).

Durante l’ecografia, l’operatore misura lo spessore dello spazio compreso tra la cute e la colonna vertebrale presente dietro la nuca del feto – translucenza nucale, in foto – e visibile nelle immagini ecografiche come uno spazio chiaro perché liquido.

Concluso l’esame la donna può tornare subito a svolgere le sue abituali attività.

L’analisi del risultato

I dati che emergono dall’ecografia e dall’analisi del sangue sono elaborati da un programma specifico che li mette in relazione con l’età materna.

Il risultato del test combinato viene classificato come alto rischio, o positivo, se la probabilità stimata è uguale o superiore ad una determinata soglia, stabilita in genere da Protocolli Regionali.

Generalmente questa è compresa tra 1:250 e 1:385, valore corrispondente al rischio stimato per una donna di 35-37 anni.
Solo la lettura di un professionista sanitario consente la corretta interpretazione del risultato di questo esame.

Efficacia del Bi-Test

Il test combinato identifica correttamente circa il 90% delle donne che hanno un feto con la sindrome di Down. Meno del 5% delle donne riceve invece un risultato cosiddetto falso positivo, vale a dire che indica la presenza della sindrome di Down quando, invece, la sindrome non è presente.

Occorre sempre considerare che il risultato del test combinato indica solo il rischio di una specifica sindrome cromosomica. Pertanto, un risultato negativo non garantisce che il feto non l’abbia così come un risultato positivo non garantisce che il feto ne sia colpito.

In caso di test positivo, la coppia viene invitata ad eseguire una consulenza genetica ed una eventuale, successiva, conferma diagnostica mediante la villocentesi o l’amniocentesi.

Il test, infatti, non sostituisce la villocentesi o l’amniocentesi ma permette di valutare il rischio anche nelle donne giovani e di limitare il ricorso alle tecniche invasive, riservandole solo ai casi selezionati, riducendo così il numero di aborti che complicano circa lo 0,5-1% delle amniocentesi e villocentesi.

a cura di

Dr. Gianluca Albanesi

Ginecologo presso Centro Medico Ponticello

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